giovedì 25 settembre 2008

La Repubblica 11/07/2008

ELISABETTA GIROMELLA, 56 anni, affetta da distrofia.
"Io, malata come Welby deciderò sulla mia vita"

PISTOIA. Io sono libera anche su questa sedia a rotelle, con le gambe che non ne vogliono più sapere di camminare, col respiro che un giorno comincerà a mancare.
Sono libera e voglio restarlo, voglio una legge sul testamento biologico che mi assicuri che sarò io a decidere che fare quando diventerà insopportabile questa vita che amo nonostante tutti i limiti. Perchè io ho la stessa malattia di Welby, la distrofia muscolare che blocca giorno dopo giorno tutti i muscoli, e come lui voglio decidere come e se curarmi.
Se accettare che un domani mi buchino la gola per respirare, che mi attachino ad una macchina che gonfi i polmoni oppure no e chiuderla lì.
Elisabetta Giromella ha 56 anni portati con grinta e passione, dosi massicce di spirtito polemico - “sa sono toscana e il sangue non è acqua” - e goccie di ironia che punteggiano il racconto di una vita difficile vissuta intesamente. Niente pietismi mentre, capelli lunghi scuri che le incorniciano il volto magro, si racconta ragazzina ferita e rabbiosa per la malattia che a 12 anni la colpisce, i “giorni in cui anche scrivere diventa una fatica” perchè le braccia sono all’improvviso senza forza.
Come si è sentita?
“Vittima di una ingiustizia, ero adolescente, difficile capire una malattia che neanche si sapeva come andava a finire, ma non ho smesso di lottare, ho studiato, ho fatto una vita normale fino a quando ho potuto. Insegnando alle elementari, lavorando a scuola. Niente matrimonio, non me la sono sentita di impegnare qualcuno conoscendo il mio destino, ma non mi sono privata di nulla. Amore compreso”.
Da 15 anni sulla sedia a rotelle.
“Sì e la malattia va avanti, mica mi aspetta. Io però non mi fermo anche se ovviamente non ho pottuto fare come sognavo la paleontologa. Mi occupo di handicappati, di eliminare le barriere architettoniche, del progetto della regione Toscana che destina fondi per dare una vita autonoma e indipendente alle persone come me oltre ad impegnarmi con l’Associazione Luca Coscioni. Perchè la storia di Luca e Piergiorgio è come la mia, perchè la voglia, il diritto di decidere del proprio destino è la stessa. Perchè la Costituzione dice che non posso essere obbligata a subire cure che non voglio.”
È religiosa?
“Credo in qualcosa che regoli il tutto anche se non sono cattolica in senso stretto. Credo nella libertà, nella vita, ma l’esitenza deve essere degna di essere vissuta e questo lo può decidere solo chi soffre, chi è malato, non altri. Per questo sono a favore al testamento biologico, le mie volontà su carta nel caso in cui un giorno non abbia fiato e voce per dirle ai medici.
Come giudica la sentenza su Eluana?
“Lei aveva detto a suo padre che una vita così non l’avrebbe sopportata e la capisco. C’è voluto un tribunale e sedici anni perchè rispettassero le sue volontà”.
E a chi dice che nessuno può decidere sulla vita?
“Rispondo che ognuno è libero di fare quello che vuole: soffrire, farsi curare o no, lasciare un testamento o evitare. Il punto è tutto lì: la libertà sulla propria vita che è un diritto personale, non cedibile”.
Caterina Pasolini

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